In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa,
quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita"
da parte mia.
Il demanio è tra le più antiche figure giudiriche e, per definizione, è legato a valutazioni contingenti da parte degli organi statuali.
Per quanto riguarda Bitonto, i beni compresi sotto la comune etichetta di demanio naturalmente variano contestualmente alle emergenze storiche e politiche.
Soltanto nei regimi costituzionali il demanio è servito a delimitare con chiarezza i beni dello Stato e quelli del sovrano, ma nelle epoche precedenti era la
valutazione soggettiva del padrone di turno a ritagliare la parte più cospicua e produttiva del territorio.
Perciò un accenno al demanio in quel di Bitonto contenuto nella corrispondenza del Sindaco dell'epoca in data 30 Aprile 1811, e registrato negli
atti della Corte d'Appello di Puglia non può non rinviarci al contesto sociopolitico in cui quell'atto e la relativa questione erano inscritti.
Ebbene, nel 1811 siamo in piena epoca murattiana. Anzi, è il momento di grazia in cui addirittura Gioacchino e Carolina Murat accarezzano
l'idea di succedere al trono imperiale nel caso Napoleone fosse morto senza
lasciare una discendenza diretta. Ma è anche la vigilia della tragica invasione della Russia quando Gioacchino anche per farsi perdonare una politica
troppo scopertamente autonomistica comanderà lo «squadrone sacro» che
riuscirà a portare l'Imperatore fuori della trappola del «generale
Inverno»...
Il 1811, infine, è l'anno in cui Murat fa costruire una nuova strada che
congiunge Santo Spirito a Molfetta, passando da Bitonto e Terlizzi. Ed ecco come scaturisce la questione che interessa il nostro demanio per la
contestualità di un'opera che veniva certamente incontro agli interessi economici
della nostra città..
Ma solo quattro anni dopo il perimetro del nostro demanio sarà di
nuovo ritoccato, appena si passerà alla restaurazione borbonica dopo la
raffica di fucileria che a Pizzo Calabro pose fine al sogno di Murat.