In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
«La grande Proletaria si è mossa. Prima ella mandava altrove i suoi lavoratori che in Patria erano troppi e dovevano lavorare per troppo poco... Il mondo li aveva presi a opera i lavoratori d'Italia; e
più ne aveva bisogno, meno mostrava di averne, e li pagava poco e li trattava male... Ma la grande Proletaria ha trovato luogo per loro: una vasta regione bagnata dal nostro mare, verso la quale guardano, come sentinelle avanzate, piccole isole nostre... una vasta regione che già per opera dei nostri primogenitori fu abbondevole d'acque e di messi, e verdeggiante d'alberi e giardini; e ora, da un pezzo, per l'inerzia di popolazioni nomadi e neghittose, è per gran parte un deserto...».
Questa commossa ed enfatica prosa del Pascoli fu uno dei più convincenti argomenti a disposizione dell'organizzazione del consenso intorno ad un'impresa che oggi non è certamente giudicata nell'ottica pascoliana. Quella prosa civile fu piuttosto un elegante «fiore all'occhiello», un convincente alibi per un'operazione che, tra l'altro, non sembrò nemmeno un buon affare al Salvemini, che dimostrò di conoscere meglio del Pascoli ciò che ci riservava il territorio libico.
Ma l'impresa, la cui regìa era nelle mani di Giolitti, ormai elettrizzava i più: non dico il solito D'Annunzio, ma lo stesso Giustino Fortunato chiudeva un occhio su un'operazione coloniale, questa volta di marca italiana.
Meno entusiasti furono proprio quei soldati che dovevano espatriare per la conquista della Libia: i richiamati ricorsero anche al sabotaggio delle linee ferroviarie per arrestare i movimenti delle truppe!
Altrove si cantava «Tripoli, bel suol d'amore» che il duo Arona-Corvetto aveva lanciato sul mercato con tempismo. Prevalsero così le ragioni politiche e strategiche, e quelle romantiche. «Nel sacro cinquantenario» dell'unità d'Italia, continuava Giovanni Pascoli, «voi avete provato che sono fatti anche gl'Italiani» (come se, per provare che si è un uomo, bisognasse stendere qualcuno a terra!...).
Alla fine di settembre del 1911 la guerra era già iniziata, e a quel punto: « alla guerra come alla guerra! ». Il soldato italiano non si risparmiò e scrisse altre belle pagine fra le infide ed impervie dune libiche. Una di quelle pagine gloriose porta il nome di un Bitontino, il sergente maggiore Michele Speranza del IV Rgt. Fanteria.
Si distinse in diversi combattimenti e cadde, eroicamente, nella battaglia delle Due Palme (Bengasi) il 12 marzo 1912.
Gli fu concessa la medaglia d'oro alla memoria con questa solenne motivazione: «Si comportò eroicamente in combattimento ove, ferito, si slanciava ancora col proprio reparto all'assalto alla baionetta, dando splendido esempio di indomito valore finchè, nuovamente colpito al viso, cadeva da prode alla testa del drappello».
Nella guerra libica si facevano così le prove generali per la ben
più dura guerra del '15-18: facevano le prove generali anche quelle famiglie in cui, tutto ad un tratto, arrivavano gli echi atroci dei bollettini di guerra.