In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
«Quale rappresentante di un popolo bastonato, vilipeso, deriso, protestando sdegnato contro iniqua sanzione della più criminale
elezione d'Italia, rassegno mie dimissioni da Sindaco questo Comune fuorilegge - f.to
dott. Vincenzo Modugno».
Così (cfr. 22 febbraio) si concludeva la violenta e decisa pressione dei
nostri cittadini sull'Amministrazione Comunale, costretta l'8 Aprile 1916 a
dimettersi per protestare contro la convalida delle elezioni in favore di Giolitti.
Questa ennesima protesta dei cittadini durata ben tredici giorni(6) (la...«tredicina di Sant'Antonio»!), non era solo una prova di forza del gruppo
salveminiano di Bitonto, con Giuseppe Caiati(A)(B)(C)(D)(E)(F)(G)(H)(I) in testa, ma un tributo di
gratitudine per l'alto servizio di apostolato sociale che Salvemini (e spesso
con lui, Giovanni Modugno) aveva prestato tra la nostra gente.
La complessa vicenda era uno strascico delle elezioni nel Collegio di
Bitonto, Giovinazzo, Molfetta e Terlizzi, inquinate da brogli elettorali evidenti fino all'impudenza, che non potevano non ferire
ed esasperare un uomo come Salvemini, il quale conosceva ormai bene la strategia elettoralistica di Giolitti.
L'aveva, anzi, come teorizzata in un aforisma che svelava
senza mezzi termini la tenica del «bolscevico dell'Annunziata» come pure fu chiamato dalle destre per un patrimoniale progressiva e per l'omonimo
collare... «Non trovando nel Nord una solida e permanente maggiornaza
-scriveva dunque Salvemini - Giolitti andava a fabbricarsela nel paese dei
terroni. Qui vendeva il prefetto e comprava il deputato, cioè metteva il prefetto al servigio di quel deputato che si metteva a Roma al servizio
di Giolitti».
Salvemini fu uno dei pochi ma irriducibili incomodi sullo scacchiere
meridionale, un «resistente» che faceva proprio allora le prove generali per
ben altre e gravi situazioni che al sud avrebbero provocato, poco piu tardi,
risonanze e squilibri maggiori.
Giolitti (e poi Mussolini) aveva già svuotato e strumentalizzato la legge
del suffragio universale, mirando ad allargarlo solo perché sapeva come
potesse poi manovrarlo una propaganda, diciamo, «convincente».
Il Meridione, come capiterà tante volte ancora, si troverà tra le mani
una legge senza saperla usare, senza riuscire a piegarla agli interessi delle
classi meno abbienti, di quel «popolo di formiche»...
Annota Leonardo Sciascia: «intramontabile simulacro, sempre e vagheggiato o rimpianto dagli italiani, e da quelli del sud particolarmente:
l'ordine. Mai avuto: ma, per incredibile inganno, ricordato. C'era. Non c'è. Bisogna farlo tornare. Perciò i partiti d'ordine, gli uomini d'ordine,
che possono farlo tornare».
Bitonto vivrà tutto questo sulla pelle di pochi genuini antifascisti, nel
conformismo più generalizzato
(6) M. Giorgio, L'azione di Gaetano Salvemini in un grosso centro della Puglia, Studi Bitontini 11 dic. 1973