In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
«... Per il Re, certo, ma per quale Re?... Se non ci siamo anche noi
quelli ti cambiano anche la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?»
Il cinismo, o, se volete, l'intuizione politica del famosissimo, e ormai
proverbiale, passo del GATTOPARDO di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sono trasferibili nel «nostro» passato, tra l'aristocrazia bitontina che si
oppose al Barbone in epoche non sospette? I De llderis, i Cioffrese, i Rogadeo... furono liberali purissimi e disinteressati, oppure intuirono che quella
dinastia non aveva futuro e che male ormai s'adattava ad uno sviluppo
socio-economico che era congeniale ad un riformismo illuminato?
La cattedra di Antonio Genovesi a Napoli, fin dal 1754, non poteva
non aver seminato delle accorte inquietudini culturali in gente che si andava convincendo, illuministicamente, che uno Stato moderno (a prescindere
dalla bandiera di questa o di quella dinastia) doveva poter contare su una
più efficiente macchina statale e su un più diffuso sviluppo economico: soltanto così si sarebbe avuta una società più giusta e, quindi, stabile. Ora, si
può ben capire come un certo orientamento verso la Casa Savoia potesse
derivare proprio da questa prospetiva e/o illusione, o dalla speranza che
quella dinastia fosse disposta, e capace, a realizzare al Meridione un tale tipo di società...
La vicenda di Giovanni Antonio De Ilderis è esemplare al riguardo.
Dalla notevole carriera fatta all'ombra del Borbone, all'opposizione clandestina e, poi, pubblica. Dagli oneri del 1847 (fu privilegiato commensale
alla tavola della famiglia reale in visita nella nostra terra, e poi sindaco), alle tensioni del '48 e fino al processo che lo vide coinvolto con Marco Cioffrese.
De Ilderis si rifiutò di fuggire e la sentenza del 1852, se lo scampò dal
carcere borbonico, pur tuttavia lo condannò all'esilio a Foggia. Ne morì
dopo pochissimo tempo.
Il 22 Aprile 1868 la salma fu traslata a Bitonto, ove ebbe gli onori dovuti ad un coraggioso antesignano della causa italiana. Il monumento nel
nostro Cimitero é la bella testimonianza di un «tipo» risorgimentale che la
Scuola bitontina e nuovi studi dovrebbero riscoprire e riproporre ad una riflessione che non tenga più in ombra la vera strategia e le vere intenzioni di
coloro che cooperarono al collasso del regime borbonico.