In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
C'è un olmo a Putignano, davanti al Municipio, che ha raggiunto l'età di 200 anni. E’ l’unico che sopravvive dei tre alberi della libertà che furono piantati, nel 1806, all’arrivo dell’armata napoleonica guidata da Giuseppe Napoleone(B), re di Napoli.
La 1ª Repubblica Francese aveva ormai dieci anni e il calendario di
Fable d'Eglantine aveva scandito quel periodo così turbolento con i
nomi fantasiosi ed animistici di moda sul nuovo calendario.
Ma sono tanti dieci anni per una rivoluzione, anche per la Rivoluzione!
Si era preteso dall'aristocrazia ciò che si negava al quarto stato: si
negava a questo ciò che si era strappato a quella. E ora sappiamo per
chi fu veramente pagante quella rivoluzione.
Il 1799 le truppe francesi, guidate da Giuseppe
Napoleone, marciavano su Napoli. In quel tempo le ideologie (e le sue
smentite) marciavano più lente degli eserciti: la Rivoluzione, anche
quella!, era stata già tradita, ma si credeva ancora nei suoi ideali, e
ci si appassionava ad essi quanto ai protagonisti. I nostri liberali
erano entusiasti di tutto ciò che veniva dalla Francia, fosse pure un
esercito, e poi, del resto, il regime di Ferdinando IV(A) suscitava tante
simpatie?
Nella notte
del 25 agosto 1799 un gruppo di Francesi e di reggiani
innalza in Piazza Grande uno dei tanti alberi della libertà, con
l'iscrizione: "Tremate o Tiranni, tremate o perfidi, alla vista della
sacra immagine della libertà".
Fiorirono allora gli «alberi della libertà» anche in Italia
meridionale. Le polizie ebbero un gran da fare a segnalare, schedare,
denunciare: iniziava così un attività che diverrà addirittura frenetica
nel secolo che s'annunciava.
L' 11 gennaio 1799 fu come una giornata-campione per
l'organizzazione poliziesca borbonica: si sollecitavano rapporti dalla
periferia per constatare quali "pagi e città" avessero innalzato
l'infame "Albero".
Il governatore e giudice di Bitonto, Stefano Marzano, potrà comunque
comunicare che in quella giornata Bitonto era tra quei centri «che
nelle funeste vicende di anarchia e per la invasione dei Francesi non
si democratizzarono, nè piantarono gli Alberi della Libertà, ma si
mantennero fedeli ed attaccati alla Real Corona» .
Quell'Albero, però, sarà piantato due mesi più tardi, e si dirà che la
città ne fu costretta dalla pressione delle truppe francesi che avevano
messo a ferro e fuoco Trani. Le idee libertarie avevano dunque operato
scarsamente nel tessuto socio-culturale di Bitonto, e questa mancò
all'appuntamento con la Storia.
Comunque, sarebbe stato inutile lo stesso: ormai la Rivoluzione era
stata tradita, addomesticata, e al regime borbonico si sarebbe
sostituito, per poco, quello napoleonico nella dignitosa versione
muratiana.
Il gattopardismo di un'intera classe dirigente e degli epigoni faceva
le sua prime prove.