In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
Le cronache accennano al castello di Archiro, sulla costa di S. Spirito, già dal IX secolo, a proposito di un attacco sferrato dai Saraceni contro Bitonto, attacco che si esaurirà (secondo la tradizione) sotto le mura della Porta Robustina per il prodigioso intervento di San Chirico...
Si ritrova il castello di Archiro («...in eo tenimento, quod vulgariter appellatur 'lu Castello', maris littore posito ubi terris de Archiro communiter dicitur...») in una lettera del 12 febbraio 1311 di Roberto d'Angiò che intendeva disciplinare i confini di Bitonto e di Bari in quel di S. Spirito(12).
La questione era stata già trattata da Carlo II dieci anni prima, eppure era rimasta, diciamo, opinabile perchè i piloni che delimitavano i due territori (e 'ospitavano' i giustiziati nel momento estremo...) erano stati rimossi.
Il demanio bitontino comprendeva allora il 'tenimento' di Santo Spirito: era il nostro piccolo sbocco sul mare e non si poteva non difenderlo dalla prepotenza barese. Abbiamo già visto (cfr. 2 gennaio) come, ad esempio, i Bove seppero ben utilizzare questa importante appendice strategica della 'Universitas' bitontina: le premesse furono poste proprio nelle lettere regie di Carlo II e del figlio, Roberto d'Angiò.
La diplomazia bitontina è stata sempre accorta e tante volte (troppe volte!...) è riuscita a ben coltivare le simpatie, la condiscendenza del sovrano di turno.
L'accanimento per il rispetto dei confini aveva anche un'altra giustificazione: nei primi decenni del XIV secolo ci fu una grande carestia in terra di Bari e quindi c'era del... nervosismo in giro. In certi momenti, gli attentati alle proprie prerogative e la messa in discussione dei 'fines et termines' non potevano essere tollerati, specialmente dagli allodieri che avevano terre proprie (i 'mansi') sui confini in questione.
(10)V. Acquafredda Bitonto attraverso i secoli, Bitonto 1937.