In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.

Avvenne il 18-02-1460 ...


Si è già detto dell'«imbarazzo» di Bitonto, costretta nel XV secolo a giostrare tra l'influenza angioina e quella aragonese. L'Università «dei Nobili e Popolani» così ben effigiata nei due leoni rampanti dello stemma, non sempre ha mostrato uguale grinta. Spesso si seguiva la filosofia e la politica di Don Abbondio e si cedeva al più forte o a chi era più incombente.
Il 18 febbraio 1460 la minaccia, per i'appunto, era costituita da Giovanni Antonio Orsini, Principe di Taranto, luogotenente di Giovanni d'Angiò in Italia meridionale, e Bitonto, su pergamena, s'affretta a garantire «il ligio omaggio e prestare il giuramento di fedeltà in ginocchioni» (!).
Fu celebrata una messa solenne in Cattedrale mentre il nuovo signore dominava il rito. Lasciò un calice a ricordo del suo possesso e per secoli quel calice, triste ricordo dell'ennesimo vassallaggio della città, sarà legato alla mestizia del Giovedì Santo, riapparendo sull'altare della Cattedrale in questa solennità liturgica (17).
Bitonto diventò allora un feudo del Principe di Taranto e fu coinvolta sempre più duramente nel conflitto, mentre Giovinazzo (al solito!) era schierata nella parte avversa, quella di Ferdinando I d'Aragona. E come se non bastasse, un bitontino, Silvestro Perrese, che a quel tempo era figura eminente in Giovinazzo, infiammò ancor più gli animi di questa città contro gli Angioini e guidò una spedizione contro il Principe di Taranto e contro... Bitonto. Ma gli andò male, e l'Orsini, com'era prassi, gli confiscò i beni in Bitonto, mentre i Giovinazzesi, amareggiati per la sconfitta, gli si rivoltarono contro e lo costrinsero alla fuga.
Il Perrese scampò al linciaggio, rifugiandosi a Barletta: di li tornò a Bitonto che, magnanimamente, lo riaccolse.

(17)G. Pasculli, Id.