In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
Ad Atri (Teramo), in un grazioso centro storico, oltre le cui stradine
s'aprono suggestivi spiragli di luce sulle colline abruzzesi, si conserva un
palazzo patrizio che, a chiedere informazioni, suscitò in me un ricordo
sgradevole, anche se naturalmente mitigato dal tempo trascorso tra quella
vista ed i fatti ora in esame.
Si trattava, infatti, di un palazzo che conserva le memorie di una Famiglia, gli Acquaviva, che non hanno lasciato molto rimpianto nei Bitontini
che ricordino cosa abbiano significato per la nostra storia. Ad essere allora precisi, si tratta soprattutto di quell'Andrea Matteo Acquaviva che si
era dimostrato avido e spietato feudatario della nostra città, che aveva subito il «pessimo regime tenuto a Bitonto dall'Acquaviva e dai suoi ufficiali»(4).
Ferdinando I D'Aragona, qualche anno prima, aveva reso Bitonto città demaniale e così l'aveva strappata alle mani rapaci dell'Acquaviva, ma
l'arrivo in Italia meridionale di Carlo VIII metteva tutto in discussione ed
era stravolta la geografia politica del meridione. Il marchese Acquaviva allora si scoprì tempestivamente una vocazione francofila nella speranza di
riottenere Bitonto.
Appena si seppe questa notizia, le campane della Cattedrale chiamarono a raccolta un popolo preoccupato e timoroso delle prevedibili, pesanti
rappresaglie dell'Acquaviva, per cui il 6 Aprile 1495 fu eletto un comitato
che doveva correre a Napoli e mettere la città sotto la protezione del sovrano francese ad evitare di ricadere nelle grinfie dell'impaziente feudatario.
L'ambasceria, a costo di fare il tragitto «colle ginocchia flesse e, all'occorrenza, anche con la lingua per terra» (!), doveva brigare per gli interessi di
Bitonto e per risparmiarle altri oltraggi.
La Regia Cancelleria ancora una volta ignorò le ragioni della nostra
città (cfr. la controversia del 26 marzo 1495), e anzi le intimo di accogliere
il marchese e di pagare una multa di diecimila ducati per aver osato contrastare quella decisione!
A nulla valsero le rimostranze del sindaco Gerolamo Scaraggi che coraggiosamente volle comunque elencare le malefatte del signorotto,
corrotto e corruttore... Per fortuna Bitonto fu salvata da un altro scossone politico-militare che sospingeva Carlo VIII verso la trappola di Fornovo. E sulle
nostre mura tornò la bandiera aragonese. Con un generale sospiro di sollievo. Come Guerrazzi affermo più tardi «la tirannide va larvata di libertà, la
lascivia di virtù».
(4) G. Pasculli, La storia di Bitonto Bitonto 1962 (o ristampa)