In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
Chi ha visto uno degli ultimi film di François Truffaut: «La camera
verde», s'è trovato di fronte ad una delle più compatte ed esaurienti meditazioni cinematografiche sul mistero e sul dramma della Morte. Certo, non
è un film «cristiano» (gli mancano la prospettiva, il sollievo, la speranza
della resurrezione), ma è un film di grande finezza psicologica e, soprattutto, di commovente fedeltà ai Morti.
Nella «camera verde» di Truffant i defunti si affollano ed aumentano sempre di più: dilagano nel rimpianto e nella nostalgia.
...Ognuno di noi ha la sua «camera verde», un luogo ideale della memoria, tenace grata affettuosa, che si dilaga sempre più e in sè racchiude
nomi e volti e persone che non sono più e che costituiscono il ricordo e il presagio (si, per noi!) della nostra stessa morte. «Chi di morte vive
- afferma il Buonarroti - mai non muore... Non nasce in me pensiero che non vi sia dentro sculpita la morte»...
Il 9 Aprile 1985 moriva il Prof. Antonio Amendolagine: «ci ha lasciato dopo ben 61 anni di intensa, apprezzata collaborazione da Bitonto, che
lo aveva eletto a suo storico. Aveva 86 anni...» (Carlo Imperio)(7). Ora, è
proprio questa sua dimensione che io vorrei mettere in particolare evidenza, perchè anche in questo fascicolo di storia locale, c'è ad esempio un
contributo che ho ricevuto dai suoi articoli sulla «Gazzetta del Mezzogiorno»:
articoli che si alternavano, appunto, tra la cronaca cittadina e la Storia locale, due poli insistiti che ci davano, di volta in volta, il senso della com-
plessità del nostro quotidiano e delle tensioni mai sopite, nonché la prospettiva episodica che si allungava su un passato da recuperare, da capire.
Per la mia età, è questa la dimensione più familiare e diretta che ho potuto sperimentare nel Prof. Antonio (ma doveva chiamarsi Giuseppe!...) Amendolagine:
era questo ruolo che mi avvicinava a Lui e mi faceva scoprire il singolare spessore della sua memoria, di una banca-dati
inesauribile, pacata ormai per il tempo trascorso e per una saggezza che faceva da mite distacco tra la lunga prassi professionale ed artistica, culturale e politica,
e la rappresentazione mnemonica.
Colpiva poi la sua capacità pratica (un'esigenza psicologica prim'ancora che professionale) di avere un contatto diretto, quotidiano con la
realtà dinamica della «sua» città. Chi dimenticherà quella sua passeggiata «strategica» che compiva ogni giorno, per piazzarsi nel centro ideale di
Bitonto e scrutarla con quel suo sguardo allenato a cogliere, nella gente comune e nei protagonisti di turno, i segni di una novità o di una questione,
di una passione o di un dramma?
La città è cresciuta sotto i suoi occhi ed egli è rimasto all'interno di
quella evoluzione, narrandola con scrupolo su una pagina che si doveva
alimentare non solo di notizie, ma anche di problemi.
Poi, un altro ricordo tenace e caro: il Prof. Amendolagine all'opera
nell'antico sgabuzzino a vetri della sua gloriosa Tipografia! Da quel «disordine ordinato» che è l'habitat naturale delle persone attive ma legate al
proprio passato e alla consuetudine con certi oggetti... da quella dimensione personalizzata dello spazio, ha simpatizzato con tanti di noi quando
siamo passati con i nostri «annunci» festosi o luttuosi: in lui abbiamo colto
una vera, fraterna partecipazione, sempre!
Il Prof. Amendolagine occupa, finora, il ricordo più recente in questa
storia locale: una citazione meritata, perchè Egli ha incoraggiato e documentato questa pubblicazione, che certamente lo avrà ancora tra le sue
fonti più aggiornate ed autorevoli.
(7) M. Giorgio, da Bitonto, 1985, 3, Bitonto