In questa sezione mi onoro di riportare una piccola antologia di fatti ed eventi bitontini, raccolti dal compianto Marco Vacca, che me ne fece dono tanti anni fa, quando per la prima volta incominciai a gestire qualche sito. Penso che questo tributo gli sia dovuto e spero che questa mia scelta non sia interpretata dalla grande moltitudine di suoi amici come un tentativo di "appropriazione indebita" da parte mia.
Bitonto fu di "fede" angioina più che sveva: il fascino e l'autorità di un
Federico II comunque lontano, non furono più forti della politica gestita dai
Vescovi bitontini, chiaramente antiimperiale, soprattutto dal 1239, quando
Federico II fu scomunicato.
Prima Sergio da Orvieto, e poi Monsignor Pardo, che era addirittura un
Bitontino, vigilarono sull'animus della nostra "Universitas" e, poco più tardi,
a Bitonto converrà questa riconosciuta dislocazione sullo scacchiere meridionale in un'epoca di chiara e dilagante egemonia angioina: c'era infatti anche il
problema della "delimitazione dei confini del tenimento di Bitonto con le
terre convicine" (5), che abbiamo già avuto modo di individuare (cfr. il 13
febbraio 1265).
Ora, in una lettera regia dell'8 MAGGIO 1273 Carlo d'Angiò, anzi Carlo I
all'indomani della messa in. . . liquidazione della dinastia sveva, avvenuta il
1268 con la decapitazione a Napoli di Corradino di Svevia, sancisce quella
delimitazione in una lettera di credito che il Sindaco della nostra Università,
Palma de Paone, potrà poi esibire al Giustiziere di Terra di Bari, Simone de
Bellovidere.
Stiamo dunque parlando di un territorio che doveva fare da supporto a
determinati processi socio-economici, e stiamo parlando di un 'imperativo
territoriale' che già si faceva sentire e che voleva cautelarsi con confini sicuri,
riconosciuti e i più dilatati possibile.
Li ricordiamo qui nei suoi vertici più opposti e significativi:
dall"arenarum" (il "titolo" di Modugno) verso Bari, fino alla chiesa di San
Martino con la sua proiezione sull'Adriatico tra Giovinazzo e Santo Spirito
dalla Murgia alle macchie tra Bitonto e Binetto; dalla chiesa di S. Maria di
Sovereto al confine di Palo... Un territorio non dichiarato "franco,ma sentito
come proprio e nelle linea di una tradizione che vedeva Bitonto emergere tra i
villaggi viciniori e assimilati,
Erano, ricordiamolo ancora una volta, "triginta et duas villas", come
testimoniò Frater Angelus in una citazione di Fra Apollinare di S. Gaetano(A)(B). Ed
erano li "fra l'ebrezza ed il profumo del mare Apulio (ah, le risonanze ora
ziane!) e la salubre tramontana aria della Murgia selvosa" (5).
(5) Donato Antonio De Capua: BREVI CENNI CULTURALI DELLA CITTÁ DI BITONTO, in
STUDI BITONTINI n. 1, aprile 1969.